Ormai conosco perfettamente il tipo di padella adatta alle mie esigenze.
Vado sul sicuro. Ma deve essere in quel modo, non mi accontento. Se non la trovo nel primo posto in cui vado giro per un po’ finché eccola lì, la mia padella. Non importa il prezzo. Non bado a spese. Non per la padella.
Non deve essere grande, né tanto pesante. Deve essere maneggevole, bordo sufficientemente alto, manico ben impugnabile, materiale di buona qualità.
Non pretendo che mi si capisca. In fin dei conti fare un buon soffritto e ottenere una buona cottura rapida e saporita non sono le priorità di tutti quelli che si mettono ai fornelli. Per me sì.
Intendiamoci, la uso anche per riscaldare gli avanzi del giorno prima oppure, se ho fretta, una di quelle cose già pronte, nei sacchetti congelati.
Con una sola padella io posso cucinare qualsiasi cosa, esattamente come piace a me.
L’ultima cosa che faccio, ogni volta che trasloco, dopo aver consegnato le chiavi dell’appartamento, è buttare la padella vecchia, un po’ ammaccata, col teflon eccessivamente rigato. Senza ripensamenti, un modo come un altro per darci un taglio. Un gesto che è diventato un’abitudine.
Per lavoro non mi fermo mai in un posto per molto tempo. Al massimo un paio di anni. Ho visto tanti luoghi meravigliosi, conosciuto tante belle persone, ma alla fine arriva sempre il giorno di buttare la padella.
Quando sono nella nuova città la prima cosa che faccio è comprarne un’altra e tutto ricomincia.
La padella mi aiuta a sopportare i primi giorni di malinconia. Guardo dalla finestra e non riconosco il paesaggio. Allora l’unica soluzione è cucinare qualcosa e ritrovare me stessa nei sapori del cibo.
Papà era bravo in cucina, mi si apriva lo stomaco già sentendolo armeggiare e il rumore della padella appoggiata con decisione sui fornelli mi fa tornare bambina, l’unico periodo davvero felice della mia vita.
Dopo che tutto è andato a rotoli mi sono domandata spesso che cosa sarebbe successo se fossi rimasta. Quello che so è che non ho più avuto il coraggio di tornare.
Le mie radici sono lì, io sono una foglia che si è staccata dal ramo, ogni tanto, sempre più ingiallita, mi poso da qualche parte aspettando la prossima folata di vento che mi faccia volare da qualche altra parte.
Lui l’ho conosciuto qui. Ultimamente ci siamo visti molto spesso, praticamente facevamo coppia fissa. Allora l’ho invitato a cena, a casa.
Mentre cucinavo gli ho raccontato della foglia che vola dove vuole il vento, del rito della padella e che il mio lavoro mi porterà lontano, prima o poi.
È una cosa che dico sempre, quando il rapporto sembra voler diventare un po’ più importante. Metto le mani avanti, così tutto è chiaro fin da subito.
Lui ha bevuto il suo vino in silenzio, poi, quando già stavo mettendo nei piatti, ha preso le sue cose e se n’è andato.
Mi sono sentita in collera con me stessa, come non mi era mai successo prima. Ho rovesciato tutto quello che avevo cucinato nella spazzatura e ho guardato la padella. Il teflon un po’ scolorito su un lato, il manico bruciato vicino al bordo. Era nuovamente arrivato il momento di comprarne una nuova, da qualche altra parte.
La mattina, fuori dalla porta, ho trovato un pacchetto con un bel fiocchetto. Nessuno mi aveva mai regalato una padella. E allora, dopo tanto tempo, finalmente ho pianto.
Milena Martin per Redazione VediamociChiara
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