Tumore della prostata: a che punto siamo?
Novembre è il mese di Movember, mese dedicato alla prevenzione del tumore della prostata. La nostra dott.ssa Maria Luisa Barbarulo ne ha parlato con il prof. Pierluigi Bove Responsabile della U.O.S.D di Urologia presso l’ Azienda Ospedaliero Universitaria Policlinico Tor Vergata
Prof. Bove che cosa possiamo fare a livello di stili di vita per prevenire il tumore della prostata?
La domanda è assolutamente lecita e sarebbe molto interessante visto che oggi il tema del benessere e della salute sono centrali, ma purtroppo devo dire è che non possiamo dire se uno stile di vita più salutare, così come degli stili alimentari più salutari, possano avere qualche ripercussione sia sull’incidenza sia sulla prognosi del tumore.
Dati certi assolutamente non ci sono. E’ chiaro che l’invito è sempre quello di consumare cibi salutari e avere uno stile di vita sano, però, dal punto di vista puramente scientifico non esiste nulla che noi possiamo fare, perché evidentemente il peso principale nella diagnosi e nel mantenimento di queste malattie ha una base genetica molto molto importante e ha una base che riguarda tutto l’environment, cioè tutte le condizioni intorno che possono in qualche modo favorire e causare l’insorgenza del tumore.
Un dato interessante, che mi piace citare sempre, è che l’incidenza più alta del tumore della prostate è negli Stati occidentali quindi dove ovviamente ci sono abitudini e stili di vita, anche soprattutto alimentari, di un certo tipo, mentre quella più bassa è nei paesi asiatici come Giappone e Cina dove c’è la minore incidenza e prevalenza di malattia. Però è estremamente interessante notare che se una famiglia di asiatici si trasferisce negli Stati Uniti già la prima generazione assume lo stesso rischio e quindi la stessa incidenza e prevalenza di malattia che si hanno negli Stati Uniti. Quindi è interessante notare come muovendosi e spostandosi da un punto da un’area geografica a un’altra l’incidenza cambia. E’ evidente, quindi che ci sono delle cose che ancora noi non riusciamo a comprendere pienamente.
Come stili di vita che cos’ è opportuno che tutti noi cominciamo a fare per prevenire questo tipo di tumori?
Per quanto riguarda lo stile di vita, molti studi hanno dimostrato che le cosiddette sindromi metaboliche che riguardano quindi il diabete, il colesterolo e l’ipertensione arteriosa sono dei fattori che in qualche modo possono contribuire allo sviluppo del tumore della prostata. Ovviamente sempre in soggetti che in qualche modo abbiano una predisposizione genetica o una predisposizione legata alla familiarità o al luogo in cui vivono. Quindi diciamo che, uno stile di vita che tende a prevenire o a curare in maniera adeguata l’ipertensione, il diabete e l’obesità sicuramente è qualche cosa che può contribuire a ridurre il rischio di sviluppare la malattia o comunque ad avere forme di tumore che siano probabilmente meno aggressive. Ma anche questi sono dati non assolutamente definitivi però l’indirizzo sembra essere sicuramente questo.
Come in moltissime malattie oggi, l’infiammazione prodotta da patologie come ipertensione diabete e obesità gioca un ruolo chiave anche per il tumore della prostata. Uno stile di vita sano che preveda un po’ di attività sportiva e un’alimentazione adeguata ricca di fibre, frutta verdura, con un adeguato consumo di proteine come quella mediterranea credo che sia sempre da favorire o quantomeno è una buona base.
Che controlli vanno fatti per il tumore della prostata? Ci sono dei controlli specifici che devono essere fatti in determinate fasce d’età?
Se stiamo parlando esclusivamente di tumore della prostata, l’età rappresenta il principale fattore di rischio cioè quello che sappiamo proprio dai dati statistici è che l’incidenza del tumore comincia ad aumentare da 50 anni in su. L’incidenza del tumore al di sotto dei 30 anni è inferiore al 5% la prevalenza si alza tantissimo arriva 70% quando in quello spettro di età compreso tra i 50 e i 70 anni e tende ad aumentare ulteriormente nei pazienti più in là con gli anni.
Quindi è chiaro che noi oggi definiamo il primo fattore di rischio il compimento del 50simo anno di età. Questa è l’età in cui noi dovremmo iniziare i nostri protocolli per la diagnosi precoce perlomeno del tumore della prostata, e l’età si abbassa a 45 anni nel caso in cui le persone abbiano un familiare di primo grado col tumore della prostata come il papà o uno zio; un dato molto importante da considerare oggi la familiarità non è da considerarsi solo tumore prostata ma anche familiarità per esempio col tumore della mammella materno così come altre grandi sindromi tumorali all’interno della famiglia, quando nella famiglia c’è una familiarità di tipo oncologico.
Il PSAProstate Specific Antigen
Quanto al tipo di controlli che bisogna fare, è chiaro che ancora gioca un ruolo fondamentale per noi il PSA; un antigene prostatico che in realtà non è altro che un enzima che, normalmente, ha una funzione come anticoagulante dello sperma. Il PSA è un marker preziosissimo che noi abbiamo per identificare precocemente la malattia e lo è ancora di più nel momento in cui dobbiamo monitorare pazienti in cui la diagnosi è già stata fatta.
Però è un marker che, alle volte, può essere un po’ ingannevole poiché è prodotto dalla prostata, il che vuol dire che non si alza soltanto e non cambia il suo valore quando c’è il tumore, ma può aumentare di valore anche semplicemente per un’ipertrofia benigna, così come può aumentare nel caso delle prostatiti; per cui sta l’urologo, anche in questo caso, interpretare se quel rialzo del valore è associato o meno a quale rischio di quale malattia.
Dopodiché è chiaro che i medici devono monitorare il PSA dei propri pazienti e controllare che il valore sia stabile, perché un persistente incremento dei valori del PSA è indice di qualcosa che va controllato. Il PSA è fondamentale e bisogna controllarlo ogni anno nei soggetti un po’ più a rischio, e ogni due anni nei pazienti che non sono a rischio, ma rappresenta per noi il nostro primo elemento; quando il PSA è ovviamente anomalo subentra l’urologo.
In quel caso si completa con la visita urologica, che prevede l’esplorazione rettale ma oggi probabilmente si utilizza un pochino di meno, per via della risonanza magnetica. Una volta si facevano tantissime ecografie prostatiche transrettali, ma oggi è un esame quasi completamente inutile. Oggi la risonanza magnetica è diventato un po’ lo strumento fondamentale per discernere quali pazienti possono avere o meno delle lesioni sospette per tumore. Una volta che abbiamo identificato una lesione con la risonanza magnetica, il mezzo diagnostico successivo è senza ombra di dubbio la biopsia prostatica, che oggi dovrebbe essere eseguita con le tecniche di fusione di immagine ossia le immagini della risonanza magnetica sovrapposte alle immagini ecografiche ci consentono di fare diagnosi precise delle cosiddette lesioni target.
Ci sono delle novità a livello terapeutico e tipologia di intervento per il tumore della prostata?
Se parliamo di tumore della prostata, ormai c’è una “non novità”, ovvero la chirurgia robotica che ormai è diventato un po’ il gold standard per il trattamento chirurgico del tumore della prostata. Ci sono tantissimi studi che hanno dimostrato inequivocabilmente la superiorità della chirurgia robotica per la sua capacità di essere molto più precisa e di poter eseguire una ricostruzione anche durante l’intervento per il tumore della prostata. Intervento che ha una parte demolitiva e una parte ricostruttiva ed è ormai sappiamo che la chirurgia robotica è molto più delicata nella parte demolitiva ed è molto più accurata nella parte ricostruttiva. Questo consente di recuperare delle funzioni e di recuperarle bene, in particolare parliamo della continenza e del deficit erettile
Ovviamente l’intervento non è uguale per tutti perché dipende dal paziente, dalla corporatura, dall’età, dalle caratteristiche del tumore, e quindi varia da paziente a paziente e caso per caso. Anche la radioterapia oggi ha raggiunto degli ottimi risultati sebbene sia sulla radioterapia che sulla chirurgia ci siano dei lati un po’ oscuri Perché esistono delle complicanze legate a queste due procedure che sono il deficit erettile nel caso della chirurgia, così come tutta una serie di complicanze legate alla radioterapia che sono le cosiddette cistiti post attiniche cioè una serie di disturbi successivi alla radioterapia.
Le terapie focali
Quello che secondo me oggi può rappresentare una novità positiva in termini di mini e micro invasività per il trattamento del tumore, sono le terapie focali. Con le terapie focali si tratta esclusivamente una zona della prostata. Questo tipo di trattamento non è ,adatto a tutti i pazienti, ma per coloro che abbiamo la risonanza magnetica che ci consenta di identificare quelle che sono le lesioni, e un’esatta corrispondenza tra la lesione identificata dalla risonanza magnetica e la biopsia che ci indica che il tumore è presente solo ed esclusivamente ente presente all’interno di quella lesione, allora noi possiamo permetterci di trattare non tutta la ghiandola ma solo quella sezione, che può essere trattata con tantissime fonti di energia: può essere il ghiaccio, può essere il calore, o può essere il laser
Prof. Pierluigi Bove, in che modo, a suo avviso, l’intelligenza artificiale di cui si parla tantopuò essere applicata e può essere utile anche nel contesto in cui lei lavora?
Tutti gli studi assolutamente in divenire e la risposta sarà “Assolutamente sì!”, nel senso che per esempio noi abbiamo uno studio sui tumori del rene dove l’intelligenza artificiale ci sta aiutando a capire quali sono le forme tumorali che hanno bisogno di un intervento, quali possono essere controllate e che cosa aspettarmi dal punto di vista prognostico.
Non c’è dubbio che in questo senso l’intelligenza artificiale ci darà tantissime informazioni perché è in grado di fare quello che comunque il cervello umano non è in grado di fare, cioè mettere insieme milioni di dati e da questi milioni di dati portare avanti dei workout diagnostici e terapeutici che saranno sempre più precisi e sempre più mirati perché la medicina di precisione vuole che non esista un trattamento una cura unica per tutti quanti i pazienti ma che ogni paziente abbia quello che è più giusto per lui.
Le risposte sono a cura del prof. Pierluigi Bove Responsabile della U.O.S.D di Urologia presso l’ Azienda Ospedaliero Universitaria Policlinico Tor Vergata per Redazione VediamociChiara © riproduzione riservata
Take Home Message
Tumore della prostata: lo stile di vita conta, ma la genetica è determinante. Oggi abbiamo strumenti diagnostici come il PSA e la risonanza magnetica che consentono ai pazienti che sono adatti, anche terapie e trattamenti focali. Con il prof. Pierluigi Bove abbiamo parlato dell’efficienza della chirurgia robotica e dell’intelligenza artificiale come strumento per migliorare il lavoro dello specialista.