sabato, 7 Settembre 2024

Intervista al Dott. Francesco di Pierro sul Reflusso Gastroesofageo

Prevenire il reflusso gastroesofageo

Prevenire il reflusso gastroesofageo è possibile?

Intervista al dott. Francesco di Pierro

Nell’intervista di oggi parliamo di un problema molto diffuso, come prevenire il reflusso gastroesofageo e quali sono le soluzioni possibili. Risponde alle nostra domande il dottor Francesco di Pierro presidente MICS Microbiota International Clinical Society

Che cos’è esattamente il reflusso gastroesofageo?

Il reflusso gastroesofageo è un disturbo molto molto comune. Più di quanto gli ascoltatori probabilmente possono immaginare. Consideriamo che in Europa colpisce almeno il 20% della popolazione e il 30% di loro arriva anche ad avere delle erosioni esofagee, mentre il 3 % di loro delle vere e proprie ulcere.

È un disturbo che tra quelli gastrointestinali forse è secondo solo alla sindrome del colon irritabile come impatto numerico. È legato ad un mal funzionamento di una piccola valvolina che è posta tra lo stomaco e l’esofago. Le due strutture sono separate solo da una valvolina che si chiama cardias che prende questo nome che ricorda il cuore, proprio perché è vicino al cuore.

Questa valvolina si deve aprire quando il cibo scende e poi si deve chiudere dopo che il cibo è sceso, quindi è una botola. Ovviamente il meccanismo non è ad altissima performance, e certe volte resta leggermente aperto. Quando uno mangia potrebbe sentire il cibo che gli torna un po’ su. Quindi non immaginiamoci una botola in tenuta stagna, fisiologicamente può stare per un breve lasso di tempo aperta e quando questo lasso di tempo diventa troppo lungo e il processo digestivo è cominciato, la secrezione acida non fa altro che far rimbalzare i succhi gastrici in sede esofagea, ed essendo i succhi gastrici acidi per definizione, chiamati acidi gastrici, bruciano perché lo stomaco è rivestito da una pellicola che lo difende dai succhi gastrici, mentre l’esofago non ha questa protezione. In tutte quelle persone in cui il cardias è un po’ addormentato si manifesta una malattia da reflusso ed è il bruciore retrosternale che colpisce nella fase post digestiva. Può colpire anche non necessariamente dopo aver mangiato, in alcune persone sta costantemente aperto e lo stress aumenta la secrezione acida, poi c’è il reflusso, quindi bruciore e dolore. Questa è la malattia del reflusso gastroesofageo.

Questa sensazione di bruciore si manifesta più a livello della gola o proprio in bocca?

Allora, noi abbiamo dei sintomi tipici che sono il bruciore retrosternale; quindi, si sente un bruciore allo stomaco, oppure qualcuno percepisce un senso di amaro o di acido in bocca. Questi sono i sintomi tipici. Poi ci sono quelli atipici che rendono mal diagnosticata questa malattia, ovvero, la gente non si accorge che soffre di reflusso gastroesofageo. La cosa più semplice dei sintomi atipici è la tosse, oppure il raspino in gola. Quindi sintomi che non danno bruciore all’esofago, non danno l’acidità in bocca ma producono un raspino terribile. Infatti, molte volte la malattia da reflusso, viene diagnosticata dall’otorinolaringoiatra, al quale il paziente si rivolge perché ha bruciori di gola, ha la laringite, gli si abbassa il tono della voce, ha un raspino in gola, quindi il problema pensa sia otorinolaringoiatrico. L’otorino lo guarda e gli dice che ha una malattia da reflusso e che deve andare da un gastroenterologo.

 Quali sono le cause del reflusso gastroesofageo?

Le cause sono tantissime. Tutto ciò che aumenta la pressione nell’addome o nello stomaco, se uno ha il cardias che un pochino si apre, tutto ciò che aumenta la pressione spinge verso l’alto i succhi gastrici. Quindi direi per esempio che la gravidanza è un fattore di rischio perché nell’addome, la donna in gravidanza, ha una pressione aumentata. Oppure nell’obesità, il soggetto in sovrappeso ha un’aumentata pressione addominale. Quindi la forma della persona è un fattore che può promuovere la malattia da reflusso gastroesofageo. Poi abbiamo la tipologia dei cibi. Ci sono alcuni cibi come la menta, il caffè, la cioccolata, i cibi acidi come il pomodoro, gli agrumi, il succo di arancia. Quindi la forma fisica, il cibo, l’anatomia, ovvero avere più o meno un cardias che stringe o resta un po’ aperto e poi probabilmente anche gli ormoni. Nell’insieme tutti questi fattori contribuiscono a far si che una persona abbia o non abbia la malattia del reflusso gastroesofageo.

L’età può essere un’ulteriore causa o comunque può aggravare questa situazione?

Beh si, è molto comune soprattutto nei bambini piccoli in cui il cardias non si è ancora ben allenato, gli manca aver fatto quelle giuste flessioni che lo rendano muscoloso per chiudersi bene. Il bambino piccolo tipicamente ha la malattia da reflusso. Poi dopo c’è una fase di adolescenza in cui è più rara. Ovviamente quando inizia la vita vera dello stress, del sovrappeso, allora inizia a farsi sentire. Più che l’età parlerei del sovrappeso o le persone estremamente stressate che scaricano nello stomaco. C’è chi scarica nel colon e gli viene la sindrome dell’intestino irritabile, c’è chi scarica sulla pelle e si copre di macchie, c’è chi scarica con l’insonnia e non dorme più la notte.

Infatti, avviene molto frequentemente nel cambio di stagione. Vuoi il cambio di indumenti, vuoi il cambio di temperature va a creare stress e la persona riacutizza la malattia.

Che tipo di prevenzione si può fare nei confronti del reflusso gastroesofageo?

Bisogna cercare di mangiare leggero, di non essere in sovrappeso, di non andare a dormire mezz’ora dopo aver cenato perché altrimenti la posizione orizzontale favorisce ulteriormente il reflusso. Bisogna stare almeno 2 o 3 ore in piedi dopo aver mangiato e non mangiare mai tanto altrimenti aumenta la pressione nello stomaco e un cardias beante fa fuoriuscire a mo’ di vulcano i succhi gastrici. Da un punto di vista qualitativo bisognerebbe rinunciare a determinati cibi come caffè, menta, liquori, ecco gli alcolici esasperano tantissimo la malattia del reflusso gastroesofageo, e i cibi acidi in generale. Più di questo non si può fare. È un disturbo che ha una prevalenza in maniera molto diffusa poiché siamo una società di stressati e di mangioni e quindi questo è il prezzo da pagare.

Esistono delle terapie per il reflusso gastroesofageo? Cosa possiamo fare per combatterlo aldilà di quella che può essere la prevenzione?

Sì ne esistono diverse. Come ha detto lei in associazione alla prevenzione, perché non posso pensare di scavalcare l’eccesso di consumo di caffè, di cioccolato o menta o il mio forte sovrappeso perché ho i farmaci perché non vai a fare il tuo bene. Quindi, in associazione a queste poche regolette direi che ci sono farmaci che vanno dai molto leggeri a quelli anche molto potenti. Partendo dal basso, le cose più semplici da utilizzare sono, ad esempio, gli antiacidi, i Sali di magnesio o l’idrossido di magnesio che sono molto comuni però diciamo che non sono curativi ma sono solo sintomatici, non prevengono le possibili ulcerazioni e talvolta come effetto collaterale possono dare stipsi o diarrea. Forse il compromesso migliore è l’utilizzo di alginati poiché i sali di alginato vanno a fare un bel tappo, non lavorano basificando l’eccesso di acidità gastrica, ma vanno a fare proprio un tappo.

Il problema della malattia del reflusso gastroesofageo è questo vulcano aperto che erutta lava; quindi, se io gli metto un tappo di cemento sopra lui non erutta più. Quindi si può mettere un tappo sul cardias, basta usare dei Sali di alginato che possono essere associati a carbonati oppure esistono degli alginati potenziati, al loro interno per esempio ci sono preparazioni che utilizzano l’acido ialuronico, idrolizzati di collagene oppure ancora meglio i derivati del mirtillo o della liquirizia, che erano i vecchissimi farmaci degli anni ’80 per fronteggiare i disturbi da ulcera gastrica. Salendo di livello abbiamo gli antagonisti H2 che sono farmaci degli anni ’80 che lavorano anche abbastanza bene, per esempio, farmaci come l’ranitidina, molto famosi, però hanno un problema di durability, ovvero il farmaco funziona molto bene all’inizio ma poi pian piano funziona sempre un po’ meno. Però una durability è buona se è 5 anni, una durability di 6 mesi è meno buona. Questi H2 antagonisti tendono a funzionare un po’ poco e poi dopo un po’ smettono di funzionare. Salendo ancora di livello, i farmaci principe sono gli antagonisti di pompa protonica, in gergo si chiamano PPI, i più famosi sono omeprazolo, pantoprazolo. Sono molto efficaci e anche curativi, nel senso che possono ridurre il rischio di ulcere e anche l’evoluzione di qualcosa di più grave come l’esofago di Barrett, una forma di preneoplasia pre-cancro, però hanno un problema, l’uso di inibitori di pompa nel lungo periodo producono un quadro intestinale che si chiama “sibo”, la sibo è una sovracrescita di batteri del tenue Che produce molto gonfiore e molto fastidio al paziente che poi inizia ad avere crisi diarroiche. Quindi gli inibitori di pompa protonica andrebbero utilizzati per 8/12 settimane, c’è gente che li usa per anni e poi va incontro a problemi di natura intestinale. Ecco questi sono i rimedi. Poi abbiamo anche la chirurgia, soprattutto da attuarsi quando c’è un paziente con un’ernia iatale però si riserva solo per casi proprio gravi che non rispondono a nessun tipo di terapia.

La nostra dott.ssa Maria Luisa Barbarulo intervista il dott. Francesco Di Pierro per Redazione VediamociChiara  ©️ riproduzione riservata

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Nell’intervista di oggi parliamo di un problema molto diffuso, quello del reflusso gastroesofageo e delle soluzioni possibili. Risponde alle nostra domande il dottor Francesco di Pierro.

Tempo di lettura: 12 minuti

Ultimo aggiornamento: 04 luglio 2024

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