Intelligenza artificiale & brevetti intervista all’Ingegner Sara Manna – Società Italiana Brevetti
Ma l’IA, l’intelligenza artificiale, sempre più presente nella vita quotidiana anche nel settore sanitario e assistenziale, può essere titolare di un brevetto? E l’essere umano ne può venire scalzato? Ci siamo incuriosite e per avere maggiori ragguagli la nostra Cinzia D’Agostino ha intervistato l’ingegner Sara Manna, consulente della Società Italiana Brevetti
Intelligenza artificiale: ma che c’entra con i brevetti?
Ormai si sa che la l’intelligenza artificiale è determinante nel trovare soluzioni in vari settori, tra cui l’ambito sanitario. Grazie a lei è possibile elaborare una tale quantità di dati non possibile dall’altra intelligenza, quella umana. In tal modo, permette di mettere a punto strategie per ottenere ad esempio nuovi farmaci. E non solo. I sistemi di intelligenza artificiale sono in grado di aiutare medici e specialisti a evidenziare in modo veloce cure e farmaci più adatti. Così si possono evitare sovrapposizioni inappropriate. Che potrebbero essere negative per la persona.
Dunque, la IA, come viene comunemente chiamata l’intelligenza artificiale, di benefici ne porta e ne porterà tanti. Però… chi ci guadagna? Sappiamo (più o meno) che qualsiasi innovazione è legata a un brevetto, fatto apposta per dare il giusto merito, anche economico, a chi l’ha inventata.
E l’intelligenza artificiale è stata al centro di una piccola-grande polemica, proprio a proposito di brevetti.
Nelle non addette ai lavori ma curiose di natura come siamo noi di VediamociChiara, è scattato un certo interesse e abbiamo chiesto aiuto a una esperta. Ovvero l’ingegner Sara Manna, consulente in brevetti Italiano ed Europeo presso la Società Italiana Brevetti Spa, specializzata tra l’altro nei campi dell’automazione industriale e della robotica.
Intelligenza artificiale e brevetti: una provocazione?
Con l’ingegner Manna si è parlato del cosiddetto Affare Dabus, quello che ha scatenato in noi la voglia di saperne di più.
Ma che cos’è Dabus? Si tratta di un acronimo per indicare Device for autonomous bootstrapping of unified sentience. Cioè un sistema di intelligenza artificiale che trova soluzioni in autonomia, senza interventi umani in corso d’opera.
Lo ha inventato un ricercatore di intelligenza artificiale del Missouri, Usa, Stephen Thaler. Secondo lui, Dabus è senziente, ha una sua intelligente che lo rende praticamente umano e quindi “deve” essere il detentore del relativo brevetto.
E mr. Thaler ha presentato relativa domanda in vari uffici brevetti, Stati Uniti, Gran Bretagna, Nuova Zelanda, Unione Europea… con una sola sentenza: No, l’intelligenza artificiale non può essere titolare di un brevetto. Lo è il suo proprietario/inventore “umano”.
Spiega Sara Manna: “È stata una provocazione del ricercatore americano su questo sistema Dabus. La sua invenzione che non prevede input specifico da parte dell’umano che in qualche modo lo controlla. Le sentenze hanno provocato clamore e comunque l’inventore continua ad insistere”. Perché lo fa? “Probabilmente la sua intenzione è quella di testare come i sistemi brevettuali, come l’Epo, l’ufficio brevetti europei sovranazionale, possano dare risposte di fronte alle attività inventive di questo soggetto “diverso”, essendo entità non umana”.
Intelligenza artificiale: come potrebbe gestire un brevetto?
Il codice del brevetto fa parte del codice civile e nello specifico riguarda la proprietà industriale, regolata da precise regole.
Secondo la legge italiana europea l’inventore deve essere una persona fisica.
“Il diritto di essere riconosciuto inventore può essere esercitato soltanto da un soggetto giuridico, legalmente capace. Dunque non può essere un essere inanimato come l’intelligenza artificiale, un oggetto, una macchina che come tale non detiene alcun diritto”, spiega Manna.
Non si tratta soltanto di un diritto morale inalienabile, per l’inventore. Perché avere un brevetto significa trarre vantaggi commerciali ed economici.
E l’intelligenza artificiale come potrebbe fare a gestire questi aspetti? In genere poi un certo sistema di IA è sviluppato da un team di ricercatori, ciascuno con le proprie competenze. Come farebbe a dividere i proventi economici, e in quale percentuale, tra gli uni e gli altri?
Intelligenza artificiale e brevetti: questione non banale
Dunque, non è certo una questione banale, l’interazione tra intelligenza artificiale e brevetti. Pure se dietro all’IA e alle sue super capacità anche biotecnologie a scopo medico, c’è sempre un uomo.
Però: non basta insomma riconoscere “quel” brevetto, nel senso di “quel” contenuto, al di là di uomo o IA?
“No, non è possibile secondo l’ordinamento legislativo attuale delle varie nazioni. L’inventore deve essere una persona fisica. C’è tutto un mondo di diritti commerciali che l’IA non può controllare, anche se è concepita per risolvere problemi”.
Oggi, però. “Esatto,” rileva Manna. “Ancora non siamo pronti o almeno per ora non sono state studiate soluzioni che possano regolamentare questo tipo di attività inventiva messa a punto non da soggetti umani ma da macchine. Dabus in questo senso è il primo “testimone” di regole che devono essere cambiate da parte delle autorità competenti sui brevetti, non pronte a recepire quel tipo di innovazione in assenza di un contesto legislativo adatto”. Per ora.
Secondo l’ingegnere “è una questione di tempo e anche di elaborazione di norme più centrate su quelli che sono i nuovi strumenti che abbiamo oggi, perché sappiamo che l’apparato legislativo segue la tecnologia, tutte le innovazioni, ma ci vuole tempo”.
Chissà, dunque potrebbe accadere in tempi anche prossimi che un software generato dall’AI diventi il detentore di un brevetto. Non nei termini attuali, ma nel caso in cui cambierà la definizione di inventore e di attività inventiva. Visto che tra i requisiti essenziali per ottenere un brevetto ci sono al primo posto creatività e originalità. L’intelligenza artificiale ha queste caratteristiche? Ha fatto lo sforzo che fanno gli esseri umani proprio nel concepire innovazioni tali da meritare un brevetto, e sfruttarlo?
Comunque, come sottolinea l’ingegnere, bisogna prendere in atto dell’intelligenza umana, trovare nuove definizioni nel discorso creativo-inventivo. E dunque confezionare ad hoc nuove regole per l’aspetto dell’intelligenza artificiale.
Intelligenza artificiale: cresce il trend
Una necessità che nasce da un’occhiata alla richiesta di brevetti che hanno al loro interno l’intelligenza artificiale. In base ai dati dell’Ufficio Brevetti Europeo, negli ultimi due anni l’impennata di sistemi “equipaggiati” con l’IA è notevole.
Nel 2023 le richieste maggiori riguardano analisi dei dati e delle interfacce del riconoscimento facciale e vocale e soprattutto il settore biomedico e della salute.
Cinzia D’Agostino per Redazione VedimociChiara © riproduzione riservata
Take Home Message
Districarsi nell’universo dei brevetti e delle invenzioni nell’era dell’Intelligenza Artificiale non è facile. Per questo la nostra amica giornalista Cinzia D’Agostino ne ha parlato con l’ingegner Sara Manna – Società Italiana Brevetti
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