Quali sono i sentimenti dei pesci?
Gli do da mangiare tre volte al giorno. Credo che sia felice. Rimanere nella sua vaschetta e non cercare di saltare fuori lo interpreto come un sentimento di felicità.
Perlomeno di conforto e tranquillità. Non credo che un pesce rosso possa avere sentimenti. Io non voglio che mi odi. È che non saprei che altro fare per farlo felice se non dargli da mangiare.
Un giorno ho pensato di liberarlo in una vasca con altri pesci, in un parco. Avevo studiato tutto, l’orario, come procedere. Mi ero convinta che sarebbe stato meglio così. Ma poi, all’ultimo, ho avuto il timore che gli altri pesci lo avrebbero divorato. Ho immaginato il suo piccolo scheletro con brandelli di piccola carne biancastra galleggiare sull’acqua, gli occhi sbarrati, e allora ho abbandonato l’idea di lasciarlo andare. Non ce l’ho fatta.
Sono possessiva. Ma se un giorno scoprissero che i pesci hanno sentimenti sarebbe subito chiaro che il mio prova odio. Lo so. Quelle bollicine che fa con la bocca quando mi avvicino alla sua vaschetta sono grida di odio.
Avrei dovuto tenerlo solo per qualche giorno. Mi hanno lasciato la scatolina col mangiare e il compito di dargli un pizzico di quella roba due, tre volte al giorno.
Era il pesce dei figli dei vicini di casa. Sono partiti tutti per il fine settimana e sarebbero dovuti tornare la domenica sera. I bambini il lunedì avevano scuola. E invece non sono più tornati.
Spero con tutto il mio cuore che i bimbi stessero dormendo, che non si siano accorti di niente. Che tragedia.
Al negozio di animali, quello all’angolo, mi hanno dato un prodotto. Due gocce per litro, un’ora prima di cambiare l’acqua della vaschetta. C’è sempre un momento in cui lui si dibatte, senza ossigeno. Alcuni secondi, quando lo passo nell’acqua nuova e pulita. È terribile, la parte più brutta, vorrei tanto che lo potesse fare qualcun altro. È come assistere all’agonia della morte. Mi chiedo sempre se uno di loro, tre le lamiere contorte, ha vissuto la consapevolezza dell’ultimo respiro.
Lo metto al suo posto, sotto la finestra, gli do da mangiare. Acqua nuova e pulita.
Stiamo un po’ insieme. Alle volte gli parlo. Quando mi fa le bolle di odio gli dico che non è colpa mia. Che è il destino che incastra le cose, che decide delle vite di noi esseri viventi. Che adesso, per quanto sarà possibile, siamo io e lui.
Prima di andare, appoggio la punta del dito sulla parete della vaschetta e lo guardo mentre muove lentamente la coda. Penso che il mio sia una specie di amore.
Milena Martin per Redazione VediamociChiara © riproduzione riservata