sabato, 7 Settembre 2024

Ageismo: se lo conosci lo eviti

Ageismo - VediamociChiara

Cos’è l’ageismo?

L’insieme di pregiudizi e discriminazioni legati all’età, soprattutto quella più avanzata: si tratta dell’ageismo, la brutta idea di considerare le persone non per il loro valore ma per il carico degli anni. Per saperne di più, VediamociChiara ha ascoltato le parole di Eleonora Selvi, presidente della Fondazione Longevitas

Ageismo: un fenomeno strisciante da bloccare

C’è un fenomeno strisciante che però sta diventando abbastanza frequente in Italia, il paese più longevo d’Europa e il secondo al mondo dopo il Giappone: è l’ageismo.

Cosa è lo spiega Eleonora Selvi, presidente della Fondazione Longevitas, ente del III settore, nata con l’obiettivo di promuovere la cultura della longevità positiva. “L’ageismo è quell’insieme di discriminazioni e pregiudizi legati all’età, spesso all’età avanzata, che viene vista come qualcosa di problematico associato a una narrativa del declino e a un’idea di fragilità, debolezza, dipendenza”. È vero naturalmente che spesso incontriamo persone fragili avanti negli anni, “ma non c’è un automatismo”, rileva Selvi.

Ageismo nel lavoro & “Age Management”

Eleonora Selvi - Longevitas
Dott.ssa Eleonora Selvi – Presidente Fondazione Longevitas

A essere colpite dall’ageismo ci sono anche persone più giovani, soprattutto nel mondo delle professioni, ma le discriminazioni più evidenti riguardano i lavoratori maturi.

Pensare che in molti paesi del mondo, e solo in qualche caso in Italia, le aziende, pur con esigenze e produttività differenti, coinvolgono persone di diversa età in mansioni adatte alle proprie caratteristiche, al di là degli anni.

“Una modalità è la valorizzazione del mentoring, cioè la valorizzazione delle competenze dei lavoratori più maturi verso i più giovani”, sottolinea Selvi.

Invece di disfarsi delle persone in età meno giovane, invogliandole a lasciare il lavoro con scivoli vari o pensionamenti anticipati, creando un pericoloso vuoto di competenze, l’intenzione è di trasferire ai giovani quelle esperienze relazionali, gestionali, manageriali che ben conosce chi vive le dinamiche aziendali da anni.
Una formazione vissuta anche come un “passaggio” di consegne che porta soltanto benefici: è l’Age management cioè apprezzare al meglio ogni risorsa all’interno di un certo sistema produttivo.

“Superare lo stigma dell’età, a tutti i livelli, significa giudicare le persone per il valore che portano e non per gli anni che hanno”, sostiene Selvi.

Ma come fare arrivare un messaggio del genere a tutte le aziende e stoppare lo sviluppo dell’ageismo?

“Servono strategie che facciano i conti con la longevità anche sui posti di lavoro, con un dialogo costruttivo dei diversi stakeholder, di tutto il sistema, istituzioni, terzo settore, mondo della formazione, sindacati, università, imprese, datori di lavoro, manager”, risponde la presidente.

Ageismo interiorizzato: quando non si acceta il passare degli anni

Esiste anche l’interiorizzazione dell’ageismo: che vuol dire?

“Che in fondo ognuno di noi tende ad essere ageista, vale per tutti gli stereotipi, prima di tutto, li assorbiamo e spesso li esercitiamo contro noi stessi. In questo caso, significa vivere male l’età, percepire negativamente il nostro essere rispetto al tempo che passa.

Il processo di invecchiamento non si accetta. Lo vediamo addirittura sui social dove ai ragazzini si insegnano tecniche di ginnastica contro le rughe del viso. C’è di mezzo un grande tema culturale di come viene rappresentato l’invecchiamento e di come le persone purtroppo lo affrontano e lo vivono”, evidenzia Selvi e aggiunge: “Quindi anche chi è avanti negli anni e ha interiorizzato lo stereotipo ageista, è una persona che si sentirà più vulnerabile. Tenderà a mettere in atto comportamenti che minano la sua autonomia e la sua salute. Ad esempio, con meno attività fisica, lasciandosi andare, mangiando male. Ecco, avere uno stile di vita peggiore è un qualcosa spesso legato al modo in cui ci si percepisce”.

Ageismo al femminile e noi donne è vietato invecchiare

E l’ageismo al femminile è ancora peggiore. Per Selvi, “alle donne non è consentito invecchiare, devono tingersi i capelli, essere sempre perfette o quasi con trattamenti chirurgici, poiché possono essere prese in considerazione solo se il loro corpo è ancora attraente e desiderabile. Altrimenti scompaiono dal panorama sociale, diventano invisibili superata la soglia dell’età. All’interno di questo ageismo le donne sono doppiamente discriminate e tutto ciò ha un’enorme ripercussione, proprio in termini di salute psichica. Vale per tutti, ma per le donne a maggior ragione”.

Ageismo sanitario: sottovalutare i sintomi nell’anziano

Un’altra forma di ageismo è quello sanitario, che riguarda soprattutto chi, come di sovente capita nelle persone in età avanzata, soffre di più patologie. “Questo è un aspetto importante. Chiaramente c’è un tema di risorse e di sistema. Il nostro è un servizio sanitario che purtroppo sta attraversando un momento molto complicato a causa di un disinvestimento nel corso degli anni. Il risultato è stata una desertificazione della medicina del territorio. Non avere più medici di medicina generali, specialisti, in numero sufficiente, di fronte a una popolazione che invecchia, significa non rispondere ai loro bisogni di salute in modo adeguato”, sostiene la presidente.

“Il rischio”, dice ancora, “è che si sottovalutino i sintomi degli anziani, che non si ascoltino, perché sintomi come l’affanno, la debolezza, non sono per forza legati ai processi di invecchiamento. Così come il dolore, pensiamo al dolore cronico, che è una vera e propria patologia, la persona che ne soffre ha diritto alle cure. Troppe volte si pensa che siano acciacchi dell’età, invece sono spesso problematiche di patologie vere e proprie da essere prese in carico come tali e curate”.

Ageismo: il contrario dell’invecchiamento attivo

L’invecchiamento è da considerare normale, fa parte della vita.

Non significa necessariamente dover rinunciare a quello che si faceva prima.

Ci si può permettere di mantenere ancora uno stile di vita attivo, una socialità positiva, quindi si può essere risorse preziose per la società anche nell’età avanzata. “Non dobbiamo dimenticare il contributo enorme che le persone più mature danno in termini di impegni nella vita famigliare, di volontariato, di lavoro perché in molte continuano a lavorare”, ricorda Selvi. “E poi c’è la silver economy che ha un forte impatto economico sui consumi, legati all’invecchiamento attivo, quindi non solo sanitari, ma anche relativi ad esempio al turismo e/o alla cultura”.

Ageismo: si combatte con l’integrazione generazionale

L’ageismo, e una certa idea negativa dell’anzianità, si sconfigge con l’interazione generazionale. Ne è convinta Eleonora Selvi: “In questo è fondamentale il ruolo degli enti locali, per sviluppare sempre più città che abbiano spazi vivibili per tutte le generazioni, piazze, luoghi di aggregazione, centri polifunzionali nei quali le persone di età diversa si possano incontrare intorno a interessi comuni, culturali o sportivi, tanto per dire. Obiettivo: creare un ponte relazionale anche laddove non ci siano famiglie tradizionali con nonni, genitori, nipoti.

Per i giovani il contatto con le persone mature è fondamentale, fa loro capire l’evoluzione della vita, distaccandoli dal pensare che tutto sia eterna giovinezza, eterna performance. Invece devono capire che l’amore, il rapporto, le relazioni durano durante tutto l’arco della vita.”.

Ageismo: serve un cambio di sguardo

Per un invecchiamento attivo, positivo, esorta la presidente di Longevitas, “serve un cambio di sguardo. Sono necessarie anche campagne di sensibilizzazione che devono raggiungere tutti. Decisiva è un’assunzione di responsabilità da parte di chi si occupa di comunicazione, giornalisti, pubblicitari, addetti al marketing, contro un immaginario di giovani, in un mondo di giovani e basta. E vorremmo”, conclude, “che contro l’ageismo si avviasse un lavoro simile a quello che si comincia a fare sui temi del genere, del sessismo in pubblicità, su altri tipi di discriminazioni. Lo stesso va fatto nell’ambito dell’età.

Non sono esenti i politici e le istituzioni, che devono investire in questo senso. Soprattutto con progetti di legge che, nell’ambito della sanità e del welfare, rendano la vita più agevole per le persone longeve”.

Cinzia D’Agostino per Redazione VediamociChiara ©riproduzione riservata

Take Home Message

Pregiudizi e discriminazioni legati all’età, soprattutto quando non si è più giovani e si è donne, si chiamano ageismo, la brutta idea di considerare le persone non per il loro valore ma per il carico degli anni. Per questo abbiamo intervistato Eleonora Selvi, presidente della Fondazione Longevitas

Ultimo aggiornamento: 12 agosto 2024

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