Alle volte si presenta un imperioso desiderio di voler spiegare, credo di sentirmi abbastanza forte per fare un bel discorso, tutto d’un fiato, usando le parole giuste.
Alle volte mi esce, nella mia testa, bellissimo e convincente, che non fa una piega.
Poi però se cerco di buttarlo giù su un pezzo di carta o registrare un audio sul cellulare, viene fuori tutto sbagliato e mi sento stupida e ridicola. Le cose non cambiano, il mostro continuo ad essere io.
Così passa un po’ di tempo prima che riesca a sentirmi nuovamente in pace con me stessa, che riesca ad inghiottire nuovamente quel boccone amaro che senza fine sarò costretta a masticare.
La mia condanna è questa, non ne uscirò fuori mai, nemmeno se scrivessi un milione di poesie d’amore, nemmeno se riuscissi a declamarle con la voce più dolce e soave che abbiate mai sentito.
Lo so che nei vostri sguardi scoverei sempre il dubbio, la diffidenza, la condanna.
Eppure il mio saper amare non è una menzogna. Amo me stessa, le persone, non sono arida e indifferente di fronte alla bellezza della natura, della vita.
I versi che scrivo sono veri, le parole d’amore che pronuncio sono sincere, le dico guardando direttamente negli occhi. Il mio cuore è un libro aperto, sempre lo è stato.
Sono stanca di doverlo dimostrare, questo sì. Di non saper spiegare come mi sentissi prima. Schiacciata, sbattuta in una prigione, come ogni giorno fosse una lotta per tenere tutti lontani da me per non soffocare.
Era come rivivere in ogni istante della mia vita il dolore del parto, quel desiderio incredibile che ho provato di volermi liberare di un peso, di spingere via insieme al bambino anche la sofferenza di diventare mamma.
Avrei voluto gridare con tutte le forze che mi lasciassero in pace perché mi sentivo morire.
L’essere madre per me è stato un errore a cui purtroppo non posso rimediare.
Però, non essere riuscita ad annullare me stessa, a sacrificarmi completamente per mio figlio, a sviluppare quell’istinto materno che tutti dicono nasca al primo sguardo, non fa di me una cattiva persona, una donna orribile da scacciare o paragonare ad un assassino.
Eppure devo fare quotidianamente i conti con i sensi di colpa, con la vergogna, cercare di strapparmi di dosso le accuse di irresponsabilità.
L’unica soluzione è stata quella di fuggire dalla stolida incomprensione della gente nei confronti di una madre che ha abbandonato il suo bambino, sapendo benissimo che qualcun altro avrebbe cresciuto quella persona che io non avrei mai saputo amare come un figlio.
Da quel giorno non l’ho più rivisto, ma so che sta bene.
Le mie giornate, adesso, sono fatte di lavoro, lunghe passeggiate incontro al tramonto e buone letture.
Scrivo poesie d’amore su pezzetti di carta che lascio in giro per la città.
Mi piace pensare che sto lasciando una scia dietro di me, delle tracce del mio passaggio, degli indizi sull’amore che tengo nascosto dentro di me.
Milena Martin per Redazione VediamociChiara
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